DECRETO CORRETTIVO ALLA RIFORMA DEL TERZO SETTORE: POCHE INNOVAZIONI

A cura di Marco D'Isanto
Il decreto correttivo alla riforma del terzo Settore (D. lgs 105/2018) pubblicato ieri (10/09/2018) in Gazzetta Ufficiale contiene nella sostanza poche innovazioni rispetto al testo originario. In particolare la normativa fiscale resta pressoché immutata. In alcune delle bozze che erano circolate veniva prevista una modifica all’art. 79 che ammorbidiva ragionevolmente il criterio per considerare “non commerciale” l’attività svolta dagli ETS. Il rigido criterio secondo cui le attività si considerano non commerciali le attività quando sono svolte a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi era stato sostituito con il criterio secondo cui la commercialità scattava solo nel caso in cui i “ricavi non superino di oltre il 10% i relativi costi per ciascun periodo d’imposta e per non oltre 2 periodi di imposta consecutivi”.
Questa modifica è stata soppressa e si torna quindi al rigido  testo originario. Molte delle criticità della normativa fiscale non sono state affrontate. Così come resta invariato il principio secondo cui “ Il mutamento della qualifica, da ente di terzo settore non commerciale a ente di terzo settore commerciale, opera a partire dal periodo d'imposta in cui l'ente assume natura commerciale”.
Sono disposizioni la cui applicazione pratica renderanno molto complessa la vita degli Enti del Terzo Settore. Degne di nota sono invece le modifiche apportate all’art. 87 che chiariscono e armonizzano le disposizioni sul rendiconto elevando la soglia di ricavi a 220.000 euro degli enti che potranno adottare il rendiconto di cassa.
Nessuna parola per il trattamento iva né alcun tentativo di armonizzare il trattamento iva e Ires per gli Enti del Terzo Settore.
Viene inoltre concesso un supplemento di tempo per adeguare gli statuti ma il problema di come si armonizzano le disposizioni civilistiche recate dalla Riforma con le vecchie normative fiscali nel periodo transitorio non è dato saperlo.
In pratica quello che accade è che ad esempio gli enti associativi di nuova costituzione non ancora iscritti nel Registro Unico (ancora da implementare) che intendono adeguarsi alle nuove normative codicistiche del Terzo Settore rischiano, nelle more dell’entrata in vigore delle disposizioni fiscali del Terzo Settore, di avere disposizioni statutarie in contrasto con l’attuale disciplina fiscale.
Non possono cioè né fruire dei “benefici fiscali” recati dalla Riforma né dei vecchi benefici fiscali recati dalle, ancora attuali, disposizioni tributarie.
Insomma il cammino che conduce verso la nuova frontiera del Terzo Settore è ancora irto di ostacoli. Il decreto correttivo poteva essere l’occasione per rimuoverne almeno qualcuno. Non è accaduto.
A questo punto non resta che sperare che l’entrata in vigore della Riforma, in particolare nella parte relativa all’istituzione del Registro Unico,  avvenga in tempi rapidi in modo da eliminare almeno le numerose incertezze del periodo transitorio.